RIFUGIO

AGRIPUNK

Ciao, siamo Agripunk!

Matilde

Siamo un’associazione nata per la riconversione di un ex allevamento intensivo di tacchine in rifugio antispecista per animali ex “da reddito”.

Ma siamo anche uno spazio sociale antispecista antifascista transfemminista dove, grazie all'impegno di diverse persone, si creano momenti comunitari di autogestione ed eventi di autofinanziamento a tema artistico, sociale, politico ed ambientale.

Stella

Abbiamo iniziato lottando con lo scopo di far chiudere un allevamento intensivo e ci siamo riuscitə

Era però necessario, poi, impedirne la possibile riapertura, quindi abbiamo deciso di prendere noi il podere e di trasformare tutto lo spazio, composto da 7 capannoni, varie case ed annessi e prati e boschi, in rifugio autogestito per animalə , umanə  e non, disponendo anche uno spazio sociale dove organizzare eventi di autofinanziamento (pranzi, cene, concerti) e creare momenti di condivisione e confronto con movimenti, collettivi, attivistə in maniera intersezionale.

Kimba

Il nostro scopo è dare soccorso ad animalə  al di là di qualsiasi definizione prestabilita

e dar loro la possibilità di vivere come meglio scelgono di farlo, ma anche bonificare l'area del podere dall'inquinamento perpetrato in tutti questi anni tutelando il bosco, i corsi d'acqua e le sorgenti, così come proteggere e dare rifugio ad animali selvatici creando un'area libera da pratiche violente come dalla caccia. 

Ed ancora, restaurare gli stabili interni al podere creando una comunità fissa o itinerante che viva in maniera il più possibile sostenibile, cercando di aiutare persone in difficoltà, realizzando un'agricoltura più sostenibile, biodinamica, sinergica, selvatica, recuperando sementi e piante antiche; creando anche laboratori di artigianato, artistici, di recupero e per creare autoproduzioni ed organizzando eventi sociali, culturali e politici naturalmente intersezionali.

CAMPEGGIA ECOTRANSFEMMINISTA

Sembra tutto bellissimo ma non è mai stato semplice

Prima di tutto questo, c’erano solo quei capannoni così tetri, così grigi, così brutti, così cupi.

I rumori delle ventole di areazione erano interrotti solo dal frastuono delle circa trentamila tacchine che erano rinchiuse dentro ad ognuno di quei 7 capannoni, dove rimanevano per 3 mesi all’ingrasso, per poi essere caricate su camion verso il macello.

circa 30.000 tacchine ogni 3 mesi
oltre 100.000 tacchine l'anno

Per almeno 3 mesi non veniva cambiata la lettiera ed ogni giorno molte di loro morivano. L’aria era irrespirabile e l’odore del guano stantio e dei corpi in putrefazione lasciati a marcire inondava tutta la valle e il paese di Ambra.

Corpi fatti nascere forzatamente per essere inseriti in un circuito produttivo, fatti crescere senza mai il sollievo della luce del giorno, mutilati nel corpo per evitare episodi di aggressioni o autolesionismo, resi deboli e passivi privandoli di ogni svago ed interazione, relegati e destinati ad una ruotine dall’epilogo tragico.

E' nascosto proprio dentro ad uno di questi capannoni il motivo per il quale siamo così legati a questo posto decidendo di agire per cambiare il destino di questa valle.


CAPANNONE 7

Qualche anno fa, entrammo dentro a quello più grande, il numero 7.

100 metri di lunghezza per 10 di larghezza, l'unico con il pavimento piastrellato.

Davanti a noi si stagliavano migliaia di pallidi visi terrorizzati che si chiedevano cosa stesse succedendo.

2 di quei visini pallidi, Giorgina e Lisetta, uscirono e videro la luce del sole per la prima volta nella loro vita e fecero chiudere l'allevamento, con la loro storia e la loro rivincita.

Ora loro non ci sono più

Ma noi ci siamo ancora per continuare a raccontare la loro storia e per far sì che mai rimanga sconosciuto o venga dimenticato quello che un animalə “da reddito” è costrettə a subire.

Ogni sera al tramonto guardiamo quei capannoni e prima di andare a dormire ricordiamo sempre quanto è successo lì dentro nel corso del tempo e ammiriamo quanto invece sta accadendo ora, pregustando un futuro sempre più bello, con gli occhi velati di tristezza sia per i tanti e tante compagnə  finitə  al macello, sia per la consapevolezza di non riuscire a vederlo, questo futuro che sembra sempre così lontano.

E ogni sera pensiamo se tutto quello che è accaduto allora e da allora, qui in questo luogo, sia reale o se non sia un'isola nascosta dalla nebbia che al risveglio scompare.

L'isola invece non è una visione, l'isola c'è e resiste, resiste proprio qui dove la sera migliaia di candide nuvole a forma di tacchino volano verso oriente per lasciare spazio alla notte e alle danze dei caprioli.

Resiste perché popolata da individuə  che nella vita hanno sofferto lo sfruttamento, che hanno visto compagnə  sparire, si sono vistə  strappare figlə  e sapevano che la loro fine sarebbe stata uguale a quella di moltissimə : dentro ad un mattatoio.

Invece sono qui

Mucche e buoi, capre e pecore, asini, maiale grandi e piccine, galline e galletti, papere, conigli… sono qui a presenziare la loro esistenza, a palesare la loro rivincita.

Ognunə di loro ha una storia, una personalità, un'emotività ed un livello di stress psicofisico causato dal passato che ha dovuto sopportare e affrontare.

Ognunə di loro è unə partigianə che ha lottato per la propria libertà e che è sopravvissutxə ad una guerra.

La guerra contro la natura decretata dall'animale umanə che la vuole piegare e soggiogare al suo servizio.

Luoghi come questo sono zone di resistenza, pezzi di fronte strappati al nemico, dove chi muore diventa un martire mai dimenticato e dove chi riesce a sfuggire, ribellarsi e liberarsi prende possesso della propria esistenza. 

Quell'esistenza che il sistema capitalista di smembramento dei corpi e di alienazione delle individualità tenta in tutti i modi di annientare.

Quell'esistenza fatta di desideri, relazioni, sentimenti, gioie e dolori.

Quell'esistenza che solo in queste zone liberate può essere possibile.

Zone liberate sempre al margine, sempre precarie, che dipendono dall'impegno di chi ogni giorno esiste e resiste per portarle avanti e di chi ogni giorno rimane al fianco di queste persone per alleggerire un po' il peso che questo comporta.

Abbiamo lottato per la liberazione di quasi ognunə de passatə e dellə attuali abitanti del rifugio. 


Per alcunə  di loro, altrə  hanno lottato

Come dicevamo, ognunə  di loro ha un vissuto diverso ma comune perchè parliamo di specie utilizzate a fini alimentari.

Animali da reddito li chiamano.

C’è chi proviene dall’allevamento intensivo, c’è chi viene dalla pastorizia, chi era in un piccolo allevamento familiare.

Situazioni diverse ma simili dove una delle variabili non era mai “se” sarebbero stati ammazzati, ma “quando”.

Può cambiare la destinazione d’uso, può cambiare la presenza o meno di gabbie o catene, può cambiare se era concesso più o meno cibo, se potevano avere o no un riparo, se potevano rimanere un giorno in più o in meno con la propria prole, se la loro destinazione era da carne o latte o lavoro.

Quello che non cambia mai è il pensiero comune che tutto questo sia normale, perché i loro corpi e le loro esistenze contano meno di altre. 

Ma non è così, perché ogni corpo, ogni mente ed ogni esistenza merita rispetto e deve poter percorrere il proprio percorso di affermazione ed autodeterminazione.

Deve potersi scrollare di dosso il “da qualcosa”, definizione che significa che il suo unico scopo è quello utilitaristico di servire un sistema oppressore.

Un sistema che non vogliamo servire, un sistema che vogliamo abbattere con pratiche nuove.

Lottare per rivendicare che ogni soggettività, ricca della sua diversità, deve essere libera di autodeterminarsi, avere libero sentire ed agire ovunque voglia e desideri è una di queste pratiche.


Isotta

Abbracciare e comprendere le istanze di ognuna di loro, è un processo necessario al fine di ottenere un mondo più accessibile ed equo come lo smettere di considerare necessario e normale lo sfruttamento di determinati corpi e menti.

Corpi e menti che in ogni momento chiedono di poter esistere e di essere vistə  e guardatə  per chi sono realmente.

Esistenze che chiedono di poter attraversare gli spazi liberamente.

Animalə, come noi, che chiedono solamente ciò di cui tuttə abbiamo diritto.

Perchè nessunə deve poter decidere per altrə, nessunə deve poter calpestare qualcun altrə, perchè torture e reclusione non sono mai le soluzioni come non possono essere mai condizioni ritenute accettabili e normali.

Nessuna gabbia deve rimanere intatta, nessuna catena

Mai più